Orsola Gazzaniga ex di Timperi replica alle parole del marito

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  1. naufragi
     
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    La ex moglie di Timperi gli rispone. Caro Tiberio, da madre ti dico: sbagli

    Tiberio Timperi, 46 anni, giornalista e conduttore televisivo, sul numero 38 di Panorama ha pubblicato una lettera per protestare, da padre separato, nei confronti della ex moglie che a suo dire gli impedisce di vedere il figlio Daniele, di appena 6 anni. La lettera di Timperi, insieme accorata e indignata, ha risollevato con forza il tema dei rapporti fra ex coniugi, e soprattutto quello del trattamento riservato ai figli minorenni delle coppie separate. Nella risposta pubblicata qui di seguito, Orsola Gazzaniga, 38 anni e dal giugno al settembre 2005 moglie di Timperi (con lui nella foto in alto), replica alle parole dell’ex marito.

    Roma, 14 settembre 2010
    Egregio Direttore,

    sull’ultimo numero del settimanale da Lei diretto in edicola dal 16 settembre 2010 e tutt’oggi on line, è stata pubblicata una lettera del Sig. Tiberio Timperi, preceduta da un breve articolo a firma del Sig. Guido Castellano, il cui titolo è «Nel nome del figlio. Ma anche del padre».

    Sembrerebbe che l’iniziativa intrapresa dal mio ex marito, noto conduttore televisivo, scaturisca dall’esigenza di raccontare “la sua storia ed il suo dolore” e di mettere, perciò, la sua “visibilità” «…al servizio di quell’esercito di padri senza volto che mangiano alla Caritas, che dormono in auto o che sono in lista per entrare nelle case accoglienza per padri separati».

    Al fine della corretta ricostruzione delle vicende unilateralmente evocate da Tiberio ed a tutela della mia reputazione, ritengo necessario fornire alcune precisazioni.

    Il Tribunale civile di Roma ha previsto che Tiberio trascorra mensilmente con nostro figlio un periodo di tempo quasi identico a quello previsto per la sottoscritta e, cioè, 13 o 14 giorni ogni mese.

    Ho sempre osservato scrupolosamente il provvedimento giudiziale dando la possibilità al padre di vedere nostro figlio anche nei giorni non previsti, compatibilmente con gli impegni di ciascuno. Lo scambio di corrispondenza intercorso tra i nostri legali attesta inequivocabilmente siffatte circostanze.

    Tiberio dichiara che le denunce sporte nei suoi confronti sono frutto di strategia processuale ma omette anche solo di menzionare le numerose denunce (almeno sei) da lui presentate, in passato, nei confronti della sottoscritta, che sono state tutte archiviate ad eccezione di una che egli ha avuto il pudore di ritirare.

    Evidenzio che tutte le denunce da lui sottoscritte risultano depositate sempre in occasione dell’approssimarsi di scadenze processuali e , poi, puntualmente richiamate negli atti difensivi destinati al Tribunale civile, per richiedere finanche l’affido del bambino.

    Anche una delle ultime denunce di recente sporte da Tiberio, concernente un episodio analogo a quello richiamato nella citata missiva, ove si assume il mancato rispetto da parte della sottoscritta del provvedimento giudiziale, risulta già oggetto di richiesta di archiviazione. In quest’ultima, si dichiara testualmente che la sottoscritta ha «ottemperato ai provvedimenti del Tribunale civile in materia di affidamento del minore».

    Spero che le poche circostanze sopra richiamate, tutte documentabili, siano sufficienti a far comprendere il significato effettivo e l’intento che ha animato l’iniziativa mediatica del Timperi. Iniziativa, peraltro, da lui già preannunciatami (unitamente ad altre di analogo tenore tra cui l’intervista prevista in data odierna su Sky TG24) ed intrapresa pochi mesi prima della data d’udienza fissata dal Tribunale civile.

    Tanto dovevo ad onor del vero, di nostro figlio, «di quell’esercito di padri senza volto», della mia dignità di madre e di tutte le madri.

    Distinti saluti.

    Orsola Gazzaniga






    Tiberio Timperi: Nel nome del figlio


    Mercoledì, primo settembre. Non vedo mio figlio dal 16 agosto. Le vacanze sono ormai finite. Tra poco lo riabbraccerò. Muto. Il citofono di quella che una volta era casa mia, rimane muto. Telefono. Squilli a vuoto. Sms. Dopo una mezz’ora che dura una vita, la risposta: «Ti richiameremo». Non mi resta che il 112. Pattuglia dei carabinieri. Saliamo su. È la prima volta da quando, 5 anni fa, mi sono separato. Stomaco chiuso, ansia, ricordi. E quella porta.

    Il led dell’allarme rosseggia beffardo. Il campanello suona a vuoto. Caserma. Denuncia. Il carabiniere, forse padre anche lui, legge nei miei occhi una silenziosa supplica. Chiama al telefono la madre di mio figlio. Dall’altra parte, il nulla. Tre giorni dopo, mio malgrado, la notizia è sul Corriere della Sera. Per cinque anni, cinque lunghissimi anni, ho taciuto ma capisco che è arrivato il momento di raccontare la mia esperienza. Esperienza comune, purtroppo, a molti padri, vittime di soprusi silenziosi. La madre, quasi sempre affidataria, può facilmente ostacolare il rapporto padre–figlio. Anche se c’è un provvedimento favorevole al papà. Basta un certificato medico. O non rispondere al telefono. Sono un buon padre. Non sono parole mie o di mio figlio ma del Tribunale. Buono al punto tale che l’ultimo provvedimento non solo mi concede più tempo ma anche la possibilità di vederlo liberamente. Sulla carta un provvedimento illuminato. In realtà, ogni volta che lo chiedo fuori dalla rigida gabbia stabilita dal giudice, la risposta è sempre la stessa: no. Vero, in questi giorni la Cassazione ha riconosciuto i danni morali di un padre il cui rapporto con il figlio era ostacolato dalla madre affidataria. Non commento la sentenza ma non posso fare a meno di pensare che, in casi come questo, si preferisca sanzionare simbolicamente la madre piuttosto che affidare il bambino al padre. Dimenticavo, siamo in Italia. Qui, la mamma è sacra. Anche quando causa danni morali. Già, danni morali. Sono stato denunciato per aver maltrattato mio figlio, picchiato l’ex cognata, ingiuriato l’ex moglie e accusato di violenza privata. Praticamente un mostro. In realtà, questo, è il frutto della strategia processuale: ogni accusa, vera o falsa che sia, è lecita. Con buona pace della deontologia professionale. Ancora è viva in me la vergogna per aver sentito riecheggiare il mio cognome per i corridoi del Tribunale penale di piazzale Clodio. Le accuse? Archiviate. Interessanti le motivazioni. Una su tutte: «…le dichiarazioni delle denuncianti non possono considerarsi del tutto attendibili…». Facile accusare, calunniare e insinuare quando si svolge, come nel mio caso, un lavoro pubblico in un noto luogo di perdizione come quello della tv…
    Chi mi risarcirà degli sguardi carichi di sospetto quando accompagnavo mio figlio a scuola?
    Sono cinque anni che la mia vita viene scandita dalle udienze del Tribunale. Dove l’orientamento culturale è quello che fa del padre un genitore di serie B. Nonostante la legge sul condiviso stabilisca pari dopportunità tra padre e madre. Tutto deve cambiare affinché nulla cambi. Il figlio viene sempre «collocato» presso la madre. Anche quando questa è «malevola». Leggete su Google: si tratta di una sindrome caratterizzata da false denunce, calunnie, eccesso di contenzioso legale e alienazione parentale. La Giustizia però, sembra non abbia voglia o tempo di distinguere in aula chi aggredisce e chi viene aggredito. Chi mente e chi dice la verità. In questi casi, per la Giustizia sei solo una coppia conflittuale e basta. Anche se cerchi solo di far valere i diritti tuoi e di tuo figlio. Al punto che se chiedi il cambio di collocazione del minore, magari ci sta viste le scorrettezze, ti senti rispondere che a sei anni è troppo piccolo. E se insisti, all’orizzonte ti prospettano i servizi sociali o, peggio, la sistemazione in una casa famiglia. Fate attenzione: piuttosto che privilegiare il padre rispetto a una madre palesemente inadeguata, si affida il minore a una casa famiglia! E avanti il prossimo.
    Non basta una legge, quella sul condiviso, per cambiare usi e costumi, all’istante.
    La realtà è che in Italia, una volta separati, non ci sono pari opportunità tra padre e madre. Il padre perde figlio e casa in un colpo solo. E il suo stipendio, che prima bastava per una famiglia, ora deve bastare (basta?) per due. Io mi reputo fortunato. Ho sufficienti risorse economiche e visibilità. Visibilità che metto al servizio di quell’esercito di padri senza volto che mangiano alla Caritas, che dormono in auto o che sono in lista per entrare nelle case accoglienza per padri separati.
    È una battaglia lunga e dolorosa. So di non essere solo e non ho intenzione di mollare.
    Nel nome del figlio. Ma anche del padre.

     
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  2. naufragi
     
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    I padri non sono genitori di serie B

    Tiberio TimperiGiornalista e conduttore tv, porta avanti una battaglia pubblica (e privata) affinché i padri separati abbiano davvero diritto alla cura dei figli.


    Lei è uno dei padri separati celebri che, come il portiere del Brescia Matteo Sereni, hanno messo la faccia per il ‘diritto ai figli’: perché?

    Perché ci sono tante altre persone, che non hanno la mia visibilità, che non hanno le mie risorse economiche, e si trovano in mezzo a una strada a causa di un sistema culturale, che in caso di separazione privilegia e le donne rispetto agli uomini.

    Lei è separato e ha l’affidamento congiunto di suo figlio: ha difficoltà a vederlo?

    Sono titolare di un provvedimento di affido condiviso ben fatto e illuminato, che però a volte non è stato interpretato a favore di mio figlio. Ma preferisco non parlare della mia vicenda personale.

    Parliamo in generale, allora: quali sono i problemi più diffusi con l’affido condiviso?

    Se ci sono conflitti, le madri possono facilmente ostacolare il rapporto con il padre. Basta un certificato medico o non rispondere al telefono. Ricordo che le sanzioni giuridiche per inosservanza al provvedimento del giudice sono irrisorie: 103 euro di multa.

    Be’,questo vale per entrambi i genitori...

    In Italia l’affidamento condiviso ormai viene concesso per il 90% dei casi. Però poi, all’interno del condiviso, il 95% dei “collocamenti” è fatto in modo tale che il bimbo abiti con la mamma.

    Lei ha mai vissuto con suo figlio?

    Ci vivo, ma grazie a un provvedimento del giudice. È giusto secondo lei che un padre per stare con il figlio abbia bisogno del provvedimento del giudice?

    Sta dicendo che la legge sull’affido condiviso non funziona?

    È uno “stato d’animo”, funziona solo se c’è buon senso da ambo le parti. Ma in caso di separazione giudiziale non è assolutamente applicabile. Le mamme sanno che il 99,9% delle volte il figlio verrà “collocato” presso di loro. E molto spesso lo usano come una clava.

    Insomma, secondo lei è una legge ipocrita...

    È una legge nobile applicata in maniera ipocrita. Concretamente ha peggiorato le cose. Quando un genitore non è d’accordo con l’altro su scelte fondamentali, per esempio se mandare il figlio in una scuola pubblica o privata, deve rivolgersi all’avvocato. E questo significa soldi, soldi, soldi. E provvedimenti d’urgenza, istanze al giudice. Di fatto si favorisce solo la lobby degli avvocati.

    Eppure in Europa la norma è l’affidamento congiunto e sembra funzionare benissimo.

    Nei Paesi Bassi per il genitore collocatario che ostacola il rapporto con l’altro genitore – e non parlo volutamente di ‘padre’ o ‘madre’ – è previsto l’arresto. In Italia rischia 103 euro. Vogliamo mettere 100mila euro? Vogliamo mettere l’arresto? Vogliamo vedere che poi tutto fila meglio?

    Basterebbe?

    Aiuterebbe. Poi bisogna iniziare a non trattare i padri come genitori di serie B. In questo Paese quando sei un papà e vai da un avvocato per chiedere l’affido di tuo figlio, ti rispondono: “Lascia stare, è impossibile”. Se ti dicono così – e te lo dicono – vuol dire che la legge non è uguale per tutti. È più uguale per la mamma.

    In effetti c’è ancora un grande pregiudizio su questo: “La mamma è sempre la mamma”...

    Non c’è un pregiudizio, c’è un Everest, un Himalaya, un universo di pregiudizi! Mi spieghi perché io a Roma ho dovuto creare una casa alloggio per padri separati, con la benedizione e l’aiuto fattivo dell’Assessora alle Politiche sociali Sveva Belviso, mentre non ci sono case di accoglienza per madri separate?

    Perché?

    Perché la donna è iper tutelata. La donna in Italia ha subito mille violenze, mille soprusi, mille angherie. Ma non ci possiamo sdebitare solo al momento del divorzio. Non ci possiamo dimenticare del femminismo una volta che si va davanti a un giudice per la separazione.

    Spesso separazione vuol dire anche problemi economici...

    Sì, perché le madri hanno l’affidamento del figlio 9,9 volte su dieci. E con il bambino la casa. Così il povero cristo che ha lavorato una vita, si trova in una botta sola senza un figlio, senza una casa e con lo stipendio che prima bastava per un nucleo familiare, che deve bastare per due. Magari con il mutuo. Ci sono madri parassite: non è carino dirlo, non sono tutte così, ma questa è una parte della realtà che nessun vuol vedere.

    Ma la cattiva gestione dei figli non dipende anche dal fatto che in Italia abbiamo una pessima cultura, da parte di tutti? I bimbi spesso vengono usati come arma di ricatto.

    I figli sono un’arma di ricatto solo per chi sa di averli già in mano, cioè in Italia la madre.

    In concreto come dovrebbe cambiare la legge, secondo lei?

    Il condiviso va concesso solo se non c’è conflittualità. Se c’è, il giudice deve valutare chi è aggredito e chi aggredisce, devono essere fatte delle perizie psichiatriche serie. E poi si deve decidere senza pregiudizi, iniziare ad affidare i bambini anche ai padri.

    Secondo lei si tratta di prendere atto di cambiamenti sociali?

    Sì, il muro di Berlino è caduto, i papà cambiano i pannolini, ma per un certo orientamento culturale sono genitori di serie B. Sottili come un bancomat: devono solo pagare. Dopo l’aborto, dopo divorzio, oggi c’è un’altra grande battaglia sociale: quella per la giusta separazione. Io ci metto la faccia e il cuore perché le cose devono cambiare.

    Elena Tebano





     
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  3. faustus
     
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    Ufficialmente non sapremo mai se ha ragione Timperi o la sua ex.

    E siamo alle solite: l'assenza di certezza del diritto in Italia trascina con sè mille ingiustizie e la facoltà per i furbetti di fare del male ai bambini impunemente.

    Così le colpe dei genitori sono caricate sulle spalle dei figli. Le più vive congratulazioni e un messaggio ai genitori che commettono queste ingiustizie: la loro è la colpa più grave, perché non fanno del male soltanto ai loro ex, fanno del male soprattutto ai figli. Che schifo!

     
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    Tiberio Timperi condannato per aver diffamato la moglie raccontandosi “padre negato”



    Il tribunale di Roma lo ha condannato al pagamento di una ammenda di 1.500 euro e ad un risarcimento, da liquidare in separata sede

    Nel corso di alcune interviste aveva dichiarato che la ex moglie gli impediva di vedere il figlio, «ostacolando» il loro rapporto. Dichiarazioni che hanno portato Orsola Adele Gazzaniga a sporgere denuncia per diffamazione nei confronti del giornalista Tiberio Timperi. Oggi il tribunale monocratico di Roma lo ha condannato al pagamento di una ammenda di 1.500 euro e al risarcimento da liquidare in separata sede.

    I fatti risalgono al 2010 quando Timperi, parlando con alcuni settimanali, aveva raccontato della sua condizione di «padre negato». In particolare il conduttore tv, aveva affermato che la moglie ostacolava gli incontri con il figlio arrivando ad accusarla di «sottrazione di minore» e di «manipolare» il bambino. Nel capo di imputazione viene citata anche una lettera pubblicata sul settimanale Panorama il 10 settembre del 2010, in cui Timperi ha raccontato la sua «esperienza», comune «a molti padri, vittime di soprusi silenziosi: la madre può facilmente ostacolare il rapporto padre-figlio, anche se c’è un provvedimento favorevole al papà». La decisione del giudice è stata accolta «con soddisfazione» dal legale di Gazzaniga, l’avvocato Attilio Soriano.

    Il legale dell’ex moglie del giornalista, afferma che la sentenza «arriva, dopo numerose udienze e dopo un meticoloso accertamento dei fatti. È stata, finalmente ed in maniera autorevole - conclude Soriano - affermata la dolosa falsità delle dichiarazioni con le quali il Timperi ha per troppo tempo sostenuto che la sig.ra Gazzaniga avrebbe ostacolato il rapporto di frequentazione con il figlio».


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    Ancora ci ricordiamo quando denigrasti il Daddy's Pride e tutte le nostre lotte!
    Ancora ci ricordiamo che non spendesti una sola parola in favore della nostra associazione ma, spesso per far valere le tue ragioni
    durante le interviste, pronunciasti intere frasi che parevano la fotocopia di quanto scritto con vera sofferenza sul nostro sito.
    Sarà una coincidenza?


    Comunque sia, non ci fai nessuna pena.

    Edited by Dankos27 - 29/1/2018, 23:43
     
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    Eh, eh!...
    La NEMESI STORICA ripaga sempre, inesorabile e puntuale, con la stessa moneta e con gli interessi usurari, mediante il taglione proprio della "Legge del Contrappasso"!!!
     
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